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Intercettazioni: spiegate ai Senatori tutte le obiezioni di giornalisti ed editori

AUDIZIONI  IN COMMISSIONE GIUSTIZIA DOPO L’INTERVENTO  DEL  CAPO DELLO STATO

Garantire sempre la pubblicazione di fatti di eccezionale  rilevanza sociale e politica

24  luglio 2009 - Il Senato deve modificare il  ddl Alfano sulle intercettazioni perchè nella stesura approvata dalla Camera  avrebbe l’effetto di ridurre la libertà di informazione e contrasta con i  principi della Costituzione italiana e della Convenzione europea dei diritti  dell’uomo. Deve essere sempre garantita la possibilità di pubblicare fatti di  eccezionale rilevanza sociale e politica, anche se non hanno risvolti di  carattere penale. Lo hanno detto, concordi, i rappresentanti dei giornalisti e  degli editori durante le audizioni del 22 e 23 luglio alla Commissione giustizia  del Senato preannunciando una opposizione chiara e ferma a norme inaccettabili.  E ricordando che era stato già proclamato lo sciopero contro il ddl.

Le audizioni sono state decise dopo l’intervento del  Presidente della Repubblica sulla questione che ha avuto l’effetto di indurre  governo e maggioranza a rallentare i tempi dell’iter parlamentare del  provvedimento per una “pausa di riflessione” che elimini i motivi di grave  perplessità espressi da Giorgio Napolitano.

A sostenere le ragioni della libertà di stampa in  Commissione Giustizia mercoledì 22 luglio sono stati Guido Columba, Maria  Francesca Chiappe per l’Unci, Roberto Natale e Franco Siddi per la Fnsi, Carlo  Malinconico per la Fieg. Il giorno dopo sono stati ascoltati Lorenzo Del Boca ed  Enzo Iacopino dell’Ordine dei giornalisti.

Columba ha spiegato che il ddl Alfano da un lato limita la  possibilità della magistratura di utilizzare uno strumento fondamentale per  contrastare il crimine e dall’altro espropria i cittadini del loro diritto  costituzionale ad essere infornati in modo corretto, completo e tempestivo. I  punti più critici del testo, ha sintetizzato il presidente dell’Unci, sono: la  modifica all’art 114 del cpp che introduce il divieto di pubblicare  documentazioni e4 atti “anche se non più coperti dal segreto”; il divieto di  pubblicare nomi e immagini dei magistrati; l’inasprimento generalizzato delle  pene detentive e pecuniarie; l’obbligo di pubblicare rettifiche senza commento;  la nuova responsabilità attribuita all’editore; l’informativa del Procuratore   della semplice iscrizione nel registro degli indagati all’Ordine dei giornalisti  obbligato a comminare entro un mese la sospensione dalla professione.

Chiappe ha sostenuto che l’introduzione della  udienza-filtro per la scelta delle intercettazioni da conservare è condivisibile  ma  è assolutamente da  rigettare il divieto di pubblicare le intercettazioni,  anche se tecnicamente non più segrete, fino all’udienza preliminare. E ha  argomentato che , in definitiva, spetta sempre alla responsabilità del  giornalista decidere cosa pubblicare o meno perchè al di là della legge il  giornalista deve vagliare l’interesse sociale alla divulgazione. Chiappe ha poi  confutato la tesi della continua violazione della privacy compiuta dia  giornalisti, documentando che il Garante della privacy ha in tutto, censurato  due soli episodi - l’sms della Falchi al marito Ricucci e la conversazione della  figlia di Necci con Pacini Battaglia – tra le centinaia in cui si grida alla  pubblicazione arbitraria.

Galimberti ha illustrato le modifiche che il ddl apporta al  decreto legislativo 8 giugno 2002 in materia di responsabilità penale degli  editori. Il quale non sembra tenere conto del fatto che già a legislazione  vigente sussiste una responsabilità solidale degli editori per taluni fatti  commessi dai giornalisti e dunque l’ampliamento dell’ambito applicativo rischia  di danneggiare profondamente soprattutto le testate a causa delle pesanti  sanzioni pecuniarie accessorie a quelle penali. Galimberti ha poi sottolineato  l’evidente contrasto tra le modifiche apportate all’art.115 del cpp e quanto  previsto dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti sul controllo della  deontologia professionale.

Siddi ha espresso un giudizio critico generale sul ddl che  introduce limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e sanzioni  sproporzionate a carico di giornalisti ed editori poichè è necessario  salvaguardare il diritto di libera informazione e tutelare la funzione della  stampa e dei giornalisti al fine di assicurare il diritto dei cittadini ad  essere informati. Le previsioni del ddl, ha proseguito, si pongono in aperto  contrasto non solo con la Costituzione ma anche con la Convenzione europea dei  diritti dell’uomo e la più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo.  Siddi ha poi sottolineato come il Garante per la protezione dei dati personali  abbia affermato che in linea di principio non vi sia ragione di limitare la  libertà di stampa in nome della tutela della riservatezza. Siddi ha concluso  affermando che il Codice deontologico dei giornalisti già prevede strumenti  volti ad assicurare il rispetto della privacy dei cittadini coinvolti nelle  indagini e che si potrebbe implementarli e migliorarli al fine di correggere  talune distorsioni che si sono verificate nel corso degli anni.

Malinconico, ha detto che non sono giustificate eccessive  limitazioni al diritto dei pubblicazione e che la previsione delle sanzioni a  carico degli editori rischiano di produrre  conseguenze negative nei rapporti  tra editore e direttore responsabile perchè determinerebbero di fatto un sistema  di duplice controllo non compatibile con l’assetto delle aziende giornalistiche.  Il presidente della Fieg ha concluso auspicando che si possa introdurre un  sistema in grado di assicurare la pubblicazione di notizie di indubbio rilievo  politico e sociale, seppur non giuridicamente rilevanti, attraverso un oggettivo  ed efficace sistema di filtro.

Il presidente della Commissione, Filippo Bertelli, è  apparso ben disposto nei confronti delle tesi degli editori, mentre ha più volte  sostenuto che nelle posizioni dei giornalisti non fosse rinvenibile alcun  rilievo propositivo ma unicamente critiche al disegno di legge ed una strenua  difesa della normativa vigente. Un atteggiamento pregiudizialmente contrario  che, a fine audizione, ha dovuto cedere il passo ad un elogio per l’intervento  di Roberto Natale. Il presidente della Fnsi, riprendendo una osservazione del  senatore Felice Casson sulla opportunità di prevedere quale causa di non  punibilità ovvero quale attenuante la pubblicazione di fatti di “eccezionale  rilevanza sociale e politica”,  ha infatti richiamato l’esempio della  sospensione per 12 mesi comminata dall’Ordine all’ex direttore della Nazione  Carrassi per le sue conversazioni telefoniche con la Fondiaria.  Nell’intercettazione non c’era nulla di penalmente rilevante, ha spiegato  Natale, ma la sua pubblicazione era importante perchè è rilevante conoscere i  rapporti tra i giornalisti e le fonti. E’ stata una idea intelligente, ha  ammesso a denti stretti Berselli, quella di spiegare la questione con una  vicenda che vede sotto accusa un giornalista.

Giovedì 23 Del Boca e Iacopino hanno consegnato alla  Commissione anche una nota scritta per documentare le gravi limitazioni alla  cronaca giudiziaria, all’esercizio della libertà di informare e all’autonomia  dell’Ordine. Le modifiche più incisive hanno spiegato i rappresentanti  dell’Ordine riguardano la divulgabilità degli atti di indagine non più segreti  che l’attuale legislazione consente per riassunto o divulgazione del contenuto  mentre il ddl Alfano lo vieta drasticamente fino a conclusione delle indagini  preliminari. Pertanto l’Ordine propone di liberalizzare l’informazione sugli  atti che non risultino coperti da segreto; mantenere l’attuale formulazione  dell’art.115 cpp, circoscrivere l’apposizione del segreto agli atti d’indagine;  ridurre le pene alla misura prevista attualmente, espungere la pena  dell’arresto.

 

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Quaderno sul Ddl Alfano

 

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Libro Giornata della Memoria