Rispondere alle domande è un obbligo - Per spiegare, ma anche per essere giudicati
LA QUERELA DI BERLUSCONI A LA REPUBBLICA
La libertà di stampa è il baluardo della libertà dei cittadini
di Ugo Dinello
Presidente del Gruppo Cronisti Veneti
28 agosto 2009 - In Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in tutte le democrazie occidentali, rispondere alle domande, per un amministratore pubblico, è un obbligo. Non solo per spiegare agli elettori come si vuole risolvere un problema. Ma, soprattutto, per essere giudicati.
A questo serve, in ogni democrazia occidentale, la stampa. Stampa che, in ogni democrazia occidentale, viene lasciata libera, come baluardo della stessa libertà dei cittadini. "La domanda è il motore della scienza" diceva Benjamin Franklin. Il problema che ci riguarda come giornalisti è che le domande sono la base del nostro lavoro che si basa su due libertà: quella nostra di porre domande e informare; quella dei lettori di sapere cosa succede. Anche tra non amministratori pubblici, tra noi persone comuni, ci insegnano sin da piccoli che "domandare è sempre lecito, rispondere è cortesia". Non più. Almeno in Italia fare domande è vietato. Anzi, può costare caro. Un milione di euro. Perché? Perché in Italia il presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica non vuole rispondere. Anzi, se uno fa domande indiscrete va punito con una richiesta danni milionaria. Come cronisti ci chiediamo: se passa questo principio, quanto tempo resta prima che il sindaco di Badalone di Sotto ci citi in giudizio per una domanda sgradita? Quando Fnsi, Ordine e Unci dicevano che il disegno di legge Alfano sarebbe stato solo il primo di una serie di bavagli alla stampa sono stati, ahime’, facili profeti. Per questo, come Cronisti veneti, vi invitiamo a partecipare alle prossime iniziative che Unci, Fnsi e Ordine organizzeranno per la difesa della libertà di stampa.