L'intervento di Guido Columba alla Giornata della Memoria
IL 3 MAGGIO A NAPOLI LA SECONDA EDIZIONE
3 maggio 2009 - Signore, Signori, Signor Presidente della Corte costituzionale, Signora Presidente del Consiglio regionale, grazie per la vostra presenza a questa Seconda Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi dalle mafie e dal terrorismo che celebriamo il 3 maggio in concomitanza con la Giornata mondiale della libertà di stampa, decisa dall’Onu. L’appuntamento internazionale quest’anno si svolge a Doha, capitale del Qatar, sui temi del dialogo interculturale e interreligioso e sulle norme etiche e professionali di auto regolamentazione dei giornalisti. Norme che in Italia assumono un valore determinante per arrestare il tentativo di azzerare cronaca nera e giudiziaria portato avanti con il ddl Alfano contro cui l’Unci, la Fnsi, l’Ordine e tutto il giornalismo si stanno battendo con grande forza e tenacia.
La nostra è una Giornata di impegno e mobilitazione: il doveroso omaggio ai colleghi che alla libertà dell’informazione hanno sacrificato la vita, o sono stati gravemente feriti, si coniuga con il sostegno ai molti, troppi, giornalisti che nella loro attività quotidiana subiscono offese, minacce, intimidazioni, violenze e con la rivendicazione del pieno e libero esercizio della professione – due di loro saranno premiati tra poco - e del diritto dei cittadini ad essere informati in modo corretto, completo e tempestivo di tutto ciò che accade nel Paese, secondo quanto riconosce loro la Costituzione.
La Giornata è nata lo scorso anno perché ci siamo resi conto che non esisteva in Italia un’unica e unitaria commemorazione dei colleghi uccisi e feriti. A ciascuno sono dedicati premi, fondazioni, manifestazioni individuali. Mancava il senso corale del prezzo molto, troppo, alto che la professione ha pagato alla libertà di informazione e al diritto-dovere di cronaca. In parte ovviava a questa assenza il Giardino della Memoria gestito da Unci e Anm a Palermo nel quale, è notizia proprio di ieri, verrà adesso realizzato un museo con l’apporto di Prefettura, Comune, Fondazione Falcone
La prima Giornata si è svolta in Campidoglio. Quest’anno siamo qui a Napoli - dove ricordiamo in modo particolare Giancarlo Siani - grazie al supporto della Regione Campania, al lavoro dell’Unione Cronisti Campani, - in primo luogo Lucia Licciardi, e poi il presidente Renato Rocco, Vincenzo Calise e tutti gli altri - al sostegno del presidente dell’Assostampa Enzo Colimoro, del presidente dell’Ordine Ottavio Lucarelli, del segretario dell’Usigrai Carlo Verna. E naturalmente, grazie alla ospitalità della Rai, prontamente garantita dal presidente Paolo Garimberti e dai responsabili di questa struttura.
La Giornata sarà itinerante: toccherà tutte le regioni nelle quali sono stati uccisi dei giornalisti nell’esercizio del loro dovere di informare. Nei prossimi anni andremo in Lombardia, Sicilia, Piemonte e al termine torneremo a Roma. E’ anche questo un modo per sottolineare l’unitarietà della Nazione, poiché alla libertà di stampa hanno pagato un prezzo altissimo giornalisti del Nord, del Centro e del Meridione.
Debbo riferire dei numerosi messaggi che ho ricevuto. Tra gli altri dal Presidente del Senato Renato Schifani, che esprimendo “affetto e gratitudine” alle tante vittime, ricorda come “molti giornalisti rischiano ogni giorno la loro incolumità. La passione e il coraggio che quotidianamente pongono nel loro lavoro – sottolinea - hanno bisogno del sostegno dei cittadini e delle istituzioni, perché solo in un paese dove la libertà di stampa è garantita si può parlare di piena affermazione della democrazia”.
Dal Presidente della Camera Gianfranco Fini che sottolinea “il senso profondo dell’impegno di tanti coraggiosi giornalisti” che non hanno mai ceduto “alla forza del ricatto e della sopraffazione imposta dalla mafia e dalla logica terroristica”. Il loro sacrificio, prosegue, ha “lasciato lutto e dolore” nelle famiglie, “ma anche il dovere, da parte delle Istituzioni e della società civile, di conservare immutato il valore del loro esempio e la ricchezza ideale del loro messaggio, difendendo sempre, con determinazione e senza riserve, i principi di legalità, di giustizia, e di libertà a cui la nostra Costituzione si ispira”.
E ancora dal Vice presidente del Csm Nicola Mancino, dal Sindaco di Napoli Rosa Iervolino Russo, dal Capo della Polizia Manganelli, dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Camporini, dal Capo di Stato Maggiore della Marina, La Rosa, dal Comandante Generale della Guarda di Finanza D’Arrigo, dal Direttore della Dia Girone, dal Procuratore di Nola Mancuso,
Ringrazio, ovviamente anche i presenti, tra i quali molti amici, dei cronisti e miei personali. Oltre al Presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante, e alla Presidente dell’assemblea regionale Sandro Lonardo, per tutti saluto il Gen. Mottola, comandante regionale dei Carabinieri, il questore Santi Giuffrè, il gen. Mariuccia comandante provinciale dei Carabinieri, il gen. Marsiglia, comandante della Accademia dell’Aeronautica, il Capo centro della Dia Vallone.
Saluto, anche, i molti colleghi che rappresentano tutte le istituzioni del giornalismo italiano la cui Federazione Nazionale, il nostro sindacato unico e unitario, quest’anno compie i 100 anni. Un secolo di impegno e di successo per la categoria e, quindi, per i cittadini e per il paese.
Da considerare presente è anche il Presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che nel 2002, ricevendo al Quirinale i vincitori del Premio Cronista Piero Passetti pronunciò l’esortazione “tenete dritta la spina dorsale”, che è divenuta il leit motiv del buon giornalismo.
Ringrazio, naturalmente, tutti i familiari dei colleghi uccisi e feriti che sono presenti e la rappresentanza dei familiari delle vittime della camorra in Campania.
La manifestazione prevede la proiezione di filmati dedicati ad alcune delle vittime - Mario Francese, Enzo Baldoni, Italo Toni, Graziella De Palo, realizzati da Mario Ricucci, Carlo Lucarelli, Claudio Moschin – che i familiari leggano articoli scritti dai colleghi uccisi o ricordino la loro vicenda, che siano illustrate le più recenti scoperte sull’uccisione di Mauro De Mauro.
Le testimonianze di chi ha sofferto in prima persona saranno certamente la più eloquente voce a sostegno della libertà di stampa e della necessità di considerare un crimine contro l’umanità il reato di chi colpisce un giornalista come viene sostenuto da più parti in sede internazionale. E a chiedere di perseguire ovunque e in modo efficace i delitti contro i giornalisti. Tutti e sempre, a partire dal Segretario dell’Onu, Bang Ki-Moon sostengono che “una stampa libera e indipendente è uno dei fondamenti della pace e della democrazia”. Ma poi i giornalisti vengono uccisi in molte parti del mondo, anche ai nostri giorni, e mandanti ed esecutori non vengono puniti. Un giovane giornalista afgano, Sayed Parwez Kambakhsh, viene condannato prima morte e poi a 20 anni di carcere per aver difeso i diritti delle donne nel suo Paese. Una condanna emessa da un tribunale tribale e confermata dalla Corte suprema, in violazione della costituzione e del codice penale dell’Afganistan. In violazione anche di quei principi internazionali del diritto che l’Italia è impegnata, ma senza molto successo, ad affermare in quel paese: torniamo quindi a chiedere con insistenza che il governo italiano e l’UE, ottengano almeno la grazia per lui.
Quello della verità e della giustizia per i delitti contro i giornalisti è un tema aperto anche in Italia. Molti, troppi crimini sono rimasti impuniti. E molti, veramente troppi, sono stati i colleghi vittime della violenza. Tra poco saranno letti i loro nomi, a partire dagli 11 vittime di mafia, camorra e terrorismo, e anche di quelli morti in giro per il mondo, degli operatori caduti accanto a loro e quelli dei colleghi “gambizzati” dai terroristi.
Il loro è stato un impegno e un sacrificio estremo. Nessuno aveva la vocazione dell’eroe, ma tutti non si sono mai accontentati della versione ufficiale o di comodo degli avvenimenti. Hanno fatto giornalismo d’inchiesta, sono andati a vedere di persona, hanno raccontato cose che gli altri non vedevano o non volevano vedere. Sono stati animati da carica ideale ed etica e da passione civile. Hanno interpretato il giornalismo come veicolo e garanzia di progresso sociale e democratico.
Costituiscono un monito ma anche un ancoraggio per i cronisti e i giornalisti di oggi. Che in molte, troppe zone del nostro paese, sono sottoposti in modo quasi sistematico a intimidazioni, minacce e attentati. E per la loro tutela, che in primo luogo nasce dalla conoscenza, letteralmente dalla “messa in piazza” della loro vicenda, il collega Alberto Spampinato è riuscito dopo oltre un anno di lotta a far costituire in modo formale l’Osservatorio per i cronisti minacciati. Ai temi trattati dall’Osservatorio, che tra qualche giorno terrà la prima riunione operativa, l’Unci ha messo a disposizione una parte del proprio sito web.
Ma questo ovviamente non basta: i cronisti sono additati spesso, in modo falso e strumentale, come i responsabili di tutto ciò di male che accade in Italia. I cronisti non lo sono di certo. Hanno, come tutti, colpe e responsabilità, ma mediamente sono abbastanza onesti ed eticamente motivati. Il loro impegno ha prodotto e produce più risultati positivi di quelli negativi. Senza la libertà di stampa e l’esercizio coraggioso e determinato del diritto-dovere di cronaca, la nostra società sarebbe peggiore, più chiusa, più ingiusta. E’ per questo che i cronisti, tutti i giornalisti e i loro organismi rappresentativi sono protesi a difendere strenuamente l’autonomia dell’informazione da tutti coloro che cercano di negarla o di piegarla ai propri interessi: criminalità organizzata e comune, potenti di ogni genere, legislatori occupati più a creare ostacoli al racconto della verità che a favorirlo, magistrati inquirenti che pretendono di regolare il rubinetto dell’informazione.
Lo abbiamo fatto con il Libro bianco dello scorso ottobre sulle perquisizioni con cui certa magistratura inquirente pensa di indirizzare l’informazione giudiziaria. Con il Quaderno intitolato “Ddl Alfano: se lo conosci lo eviti”, in cui trenta tra i maggiori giuristi, magistrati, avvocati, giornalisti dimostrano che il progetto del governo sulle intercettazioni non solo è inutile ma anche dannoso, alla democrazia e alla società civile. Lo stiamo facendo con un altro Quaderno, intitolato Vade retro Cronista, per documentare gli ostacoli, le minacce, le intimidazioni di media entità di cui sono quotidianamente vittime decine di cronisti in ogni angolo del Paese, quelle che apparentemente non provocano danni gravi, ma che invece per la diffusione e la sistematicità con cui vengono commesse rappresentano un attentato non meno grave alla libertà di informazione.
Spesso davanti agli avvertimenti di Unci, Fnsi, Ordine, i politici, gli amministratori, coloro che detengono un qualche potere, economico, sociale, scrollano le spalle. E sbuffano: ma che vogliono questi giornalisti ? L’Italia è un Paradiso, tutti siamo liberi, i giornali scrivono quello che vogliono, le televisioni fanno programmi contro il governo, le radio vanno a voce libera. Ma le cose non stanno affatto così. Proprio oggi al Museo del giornalismo di Washington, quello dove si erge una spirale di vetro con i nomi dei 1.800 giornalisti uccisi negli ultimi anni, l’Associazione Freedom House rende nota la classifica della libertà di stampa in 195 Paesi. L’Italia si trova al 73/mo posto. Nello scorso ottobre RFS ha compilato la sua classifica annuale, l’Italia era al 44/mo posto su 173. Ecco perchè l’Unci rinnova e rafforza manifestazione dopo manifestazione il suo impegno a difendere il diritto-dovere di cronaca e la libertà di stampa contro i troppi che dicendo di rispettarne il lavoro vorrebbero in realtà far tacere i giornalisti. In questo difficile compito l’Unci ha sempre trovato e sono certo che continuerà a trovare, lo abbiamo sentito ripetere poco fa dal Presidente Amirante, un baluardo nella Corte Costituzionale per affermare la frase che è scritta sullo striscione appeso alle mie spalle: “Liberi di informare, liberi di sapere. Difendi la libertà dì stampa”.
Grazie per l’attenzione.