Romeni accusati dello stupro alla Caffarella salvati anche dal lavoro dei cronisti
UNCI E SINDACATO CRONISTI ROMANI: SCAGIONATI DA PROVA DNA E DAL RIESAME
I resoconti dei mass media hanno messo in luce i molti dubbi sull'inchiesta
11 marzo 2009 - L’Unione nazionale cronisti romani e il Sindacato cronisti romani rilevano ad alta voce che i due romeni arrestati, buoni o cattivi che siano, non hanno commesso lo stupro della ragazzina al parco della Caffarella che ha scosso il Paese nel giorno di San Valentino.
Le prove scientifiche e il Tribunale del riesame hanno dato torto agli inquirenti e agli investigatori sulle responsabilità dei due ancora rinchiusi in prigione, mentre hanno dato ragione nei fatti alle scrupolose cronache della maggioranza dei mass-media sui dubbi e le contraddizioni delle indagini, mettendo a nudo gli alibi di comodo sulla gogna mediatica sostenuta da diverse parti.
Le organizzazioni della categoria dei giornalisti non si sono mai tirate indietro nel denunciare l’infiltrazione delle mele marce tra i giornalisti, diversamente da altri che non ammettono mai di sbagliare anche a costo di brutte figure, finendo con il complicare l’esito delle inchieste e il corso della giustizia. Con il rischio che può diventare sempre più difficile smascherare i casi falsi e distinguerli da quelli veri, contribuendo a suscitare un’artificiosa emotività sociale.
Oggi cresce comprensibile la preoccupazione che i reati commessi dagli extracomunitari possano provocare un’ondata di razzismo e di xenofobia, ma non suscita altrettanta consapevolezza che a forza di dare genericamente addosso alla stampa proprio nell’era della comunicazione cavalcata alla grande dal sistema dei poteri, si porta acqua al mulino di quanti sollecitano un giro di vite sull’informazione e promuovono leggi liberticide e censorie come il ddl sulle intercettazioni, guarda caso in questi giorni alla stretta del voto della Camera. Che se fosse oggi in vigore, non darebbe scampo ai due incolpevoli romeni.”
Il presidente dell’Unci Guido Columba rileva, in particolare, che mercoledì 4 marzo alle 12,16 l’agenzia Ansa ha trasmesso una notizia nella quale il sindaco di Roma Giovanni Alemanno afferma testualmente : "Mi auguro che la magistratura e gli inquirenti lavorino il meglio possibile. Non dobbiamo fare giustizia sommaria ma trovare i responsabili, quelli poi devono pagare fino in fondo". La riposta è giunta, sempre tramite Ansa, alle 18,50 dal procuratore capo Giovanni Ferrara e dal questore Caruso che in comunicato congiunto, dicono: "Preme sottolineare come tutta l'attività investigativa sia stata orientata alla ricostruzione di quanto accaduto e dalla ricerca della verità. Sono stati infatti gli stessi organi inquirenti ad accogliere, doverosamente, tanto gli elementi a sostegno delle ipotesi accusatorie che quelli favorevoli agli indagati nel pieno rispetto delle regole processuali".
E’ davvero singolare che un sindaco di un “partito dell’ordine” chieda colpevoli veri e non “giustizia sommaria” contro due stranieri e che il procuratore capo e il questore della capitale siano costretti a rispondere che sono state “rispettate tutte le regole” : salvo poi a verificare che per gli arrestati la prova del Dna ha dato esito negativo e che il Tribunale del riesame ne ha ordinato la scarcerazione. Che tarda per la pervicace difficoltà di inquirenti e investigatori di ammettere i loro errori.
E’ già avvenuto a Castellaneta di Puglia con il padre dei due bambini precipitati e morti in fondo a un pozzo. Arrestato per il loro omicidio e trattenuto in carcere quando ogni elemento ne evidenziava l’innocenza: solo la spinta sostenuta dei mezzi d’informazione ha consentito che un povero padre potesse andare a piangere sulla tomba dei suoi figlioletti.
E’ preoccupante e inaccettabile che in un paese democratico persone siano arrestate e trattenute in carcere solo perchè magistrati e investigatori non vogliono riconoscere di aver sbagliato. E’ in questi casi che il Csm e il ministri della Giustizia e dell’Interno dovrebbero intervenire con sollecitudine e decisione per verificare cosa accade e ripristinare nel Paese lo stato di diritto e la certezza delle leggi.
La presunzione di innocenza che si chiede ai giornalisti di rispettare sia osservata in primo luogo da chi le leggi è chiamato a farle applicare e difendere: magistrati e investigatori. E quando, addirittura, si è pronunciato un Tribunale non si possono “inventare” nuovi reati per mantenere comunque in carcere persone che il Riesame ha ordinato siano rimesse in libertà. Con tante scuse per l’errore commesso.