Milano: il processo Ruby senza immagini nega i diritti dei cittadini a sapere e vedere
IL PROCURATORE GENERALE SMENTISCE IL PRESIDENTE DEL COLLEGIO
Documento comune di protesta di Alg, Cronisti Lombardi, Fnsi e Unci
01 aprile 2011, Milano – L’Associazione Lombarda Giornalisti e il Gruppo Cronisti Lombardi, d’intesa con la Fnsi e l’Unci, “condannano” la decisione congiunta dell’Avvocato generale, Laura Bertolè Viale, e del Procuratore generale, Manlio Minale, di vietare l’accesso a fotoreporter e cineoperatori nell’aula del Palazzo di Giustizia di Milano dove dal 6 aprile si svolgerà il processo sul caso Ruby che vede imputato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per prostituzione minorile e concussione. “I motivi di sicurezza addotti per giustificare questo provvedimento, con cui viene revocata l’ordinanza favorevole alle riprese in precedenza firmata dal presidente del collegio giudicante, Giulia Turri, sono irricevibili – dice un comunicato sindacale -: è palese la volontà di negare la libertà dei cronisti di informare e quella dei cittadini di essere informati, diritti insopprimibili in uno Stato democratico. E’ incalcolabile il danno che questo oscuramento deciso dall’Avvocato generale e dal Procuratore generale provocherà ai giornalisti, ai quali viene impedito di svolgere la loro attività: continua ad aleggiare il tentativo di mettere il bavaglio all’informazione. Un preoccupante precedente che fa venire meno la garanzia di una informazione trasparente, tempestiva e corretta. Il provvedimento di Bertolè Viale e di Minale è l’aberrante conseguenza del divieto d’accesso a fotoreporter e cineoperatori imposto – dal Procuratore generale – all’inizio del 2011, decisione in parte rientrata dopo la minaccia degli esclusi di non partecipare all’inaugurazione dell’Anno giudiziario”. Associazione Lombarda Giornalisti e Gruppo Cronisti Lombardi, insieme alla Federazione della Stampa e all’Unione Nazionale Cronisti, respingono questi insidiosi tentativi di tenere alla larga i cronisti in nome di presunti motivi di sicurezza o di privacy. Inoltre, facendosi garanti di una informazione libera da condizionamenti, invitano l’Avvocato generale e il Procuratore generale a revocare il grave provvedimento, che alimenta il clima intimidatorio in cui da tempo i giornalisti italiani sono costretti a lavorare.