Fermo impegno a contrastare gli attacchi al libero e responsabile giornalismo
DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL XIX CONGRESSO DELL’UNCI
27 marzo 2011, Viareggio - Il XIX Congresso dell’Unione Nazionale Cronisti Italiani, riunito a Viareggio dal 24 al 26 marzo 2011, al termine di un lungo e articolato dibattito – al quale hanno partecipato il Presidente della Fnsi Roberto Natale e il vicepresidente dell’Inpgi Maurizio Andriolo - in cui sono stati affrontati i temi dell’accesso alla professione, del sempre più ampio e dilagante fenomeno del precariato (in particolare giovanile), dello sviluppo continuo delle tecnologie e dell’importanza di stare al passo con la loro diffusione con specifico riferimento all’utilizzo corretto della Rete e dei socialnetworks, ha concentrato la sua attenzione sugli attacchi diretti o subdoli che continuamente si ripetono contro la libertà di stampa e contro il diritto-dovere di cronaca, il diritto di informare e di essere informati.
Il Congresso ha identificato quattro fronti di attacco e pregiudizio nei confronti dei giornalisti: quello politico, comprendente governo, legislatori e autorità garanti, specie quella della privacy; quello delle fonti informative, sia di polizia giudiziaria, sia della pubblica amministrazione e degli Enti locali; quello giudiziario, con riferimento ad alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione e ai comportamenti talvolta intimidatori di alcuni pm; quello interno, costituito dalle dinamiche dei giornalisti stessi attraverso i propri organi professionali e sindacali.
Il Congresso sottolinea che dal 1993, poco dopo l’ inizio di Tangentopoli, fino ad oggi sono stati almeno quattordici i tentativi di comprimere la libertà di stampa con proposte di restrizione della libertà personale dei giornalisti e di divieto di pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni telefoniche, strumento peraltro confermatosi decisivo nelle indagini giudiziarie e amministrative. Oggi il governo e il ministro Alfano sono pronti a ripresentare il disegno di legge-bavaglio che, modificando la normativa sulle intercettazioni, minaccia in realtà il diritto dei giornalisti a informare e quello dei cittadini a conoscere i fatti. L’Unione Cronisti, che da sempre ha condannato gli abusi nella pubblicazione delle intercettazioni e ha d’altro canto rilevato come nel nostro ordinamento esistano già norme e contrappesi in grado di punire le eventuali offese alla dignità delle persone, riafferma la volontà di continuare a opporsi con decisione e convinzione, così come fatto sino ad oggi, a ogni ulteriore tentativo di emanare norme liberticide, in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione.
Il Congresso ha quindi rivolto la sua attenzione alle risoluzioni delle autorità garanti, in particolare di quella della privacy. E’ indubbio che questa Autorità abbia svolto un buon lavoro nelle linee generali, ma è altrettanto vero che è spesso giunta a clamorosi assurdi interpretativi delle sue stesse regole con il risultato di impedire l’accesso dei giornalisti anche a banali informazioni, o di vietare con provvedimenti altrettanto discutibili la diffusione di immagini di acclarato interesse publico.
Riguardo al rapporto con le fonti informative tradizionali della cronaca, nera e bianca, il Congresso valuta con attenzione e intende monitorare, con la necessaria costanza, l’autoproduzione di materiale informativo standard (comunicati, servizi filmati ) che gli organi di polizia giudiziaria e le istituzioni di ogni ordine e grado tendono a promuovere anche con la contrattualizzazione di personale giornalistico qualificato. L’Unci sottolinea che questo significativo lavoro di sostegno all’attività dei media non può e non deve mai diventare limite invalicabile per ulteriori verifiche, indagini e approfondimenti diretti delle notizie, come la deontologia impone, e conferma che l’Unci intende collaborare con tutti gli specifici organismi del la categoria , perché i colleghi degli uffici stampa, secondo il principio di lealtà imposto dalla legge professionale, rappresentino ai propri committenti l’insostituibilità di un rapporto effettivo e diretto tra cronisti e istituzioni. A questo proposito l’Unci esprime preoccupazione, ma non certo rassegnazione, per l’applicazione distorta della legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, la 241/90 e successive modificazioni, che, senza la collaborazione leale delle istituzioni, si trasforma in elemento di ulteriore ostacolo nell’accesso agli atti e a un trasparente controllo delle attività pubbliche. Da qui l’invito che il Congresso rivolge a tutti i Cronisti a non lasciar mai correre e a denunciare ogni episodio in cui la Pubblica amministrazione opponga ritardi, differimenti, rifiuti e divieti .
Sul fronte giudiziario il Congresso dell’Unci evidenzia come suscitino sconcerto gli arretramenti della Corte di Cassazione soprattutto dopo che la sentenza 16236 del 2010 ha stabilito che libertà di stampa e privacy sono entrambe beni costituzionali, e che la prima “prevale” sulla seconda, essendo acclarato fin dal 1984 che oltre alla realtà oggettiva dei fatti il cronista possa valutare anche la eventuale verità putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca. Esemplari di questa deriva due sentenze, che sono vere mazzate per il lavoro dei giornalisti : la prima in cui si afferma che la verità giudiziale accertata nel corso di un processo è immodificabile (inchiesta di Renzo Magosso sull’uccisione di Walter Tobagi); la seconda (servizi di Peter Gomez su fatti di mafia) che compito esclusivo del giornalista è dare notizie, e che qualora il giornalista “confonda cronaca su eventi accaduti e prognosi su eventi a venire” la sua attività sia “in stridente contrasto con il diritto dovere di cronaca”. Il Congresso conferma con forza che simili interpretazioni pongono limiti inaccettabili al lavoro dei cronisti e alla ricerca della verità, che può essere anche diversa da quella processuale soprattutto quando può far luce su elementi non ancora emersi dalle indagini ufficiali.
Ulteriori timori sono espressi anche a proposito dei comportamenti immotivati, quando non addirittura vessatori, di alcuni pubblici ministeri che ordinano perquisizioni e sequestri di materiale informativo nelle redazioni e nelle abitazioni dei Cronisti che hanno l’unica responsabilità di voler effettuare con serietà il proprio lavoro coltivando un rapporto fiduciario con le fonti, indispensabile per la verifica di fatti e notizie. Questi attentati alla libertà di informazione risultano ancora più gravi poiché la legge italiana prevede che il giornalista, quando dà notizia di un reato oggetto di indagine, non è perquisibile se l’autore del reato è già stato identificato . Allo stesso modo risulta incomprensibile il mancato recepimento legislativo delle più avanzate sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che difendono il segreto professionale e proibiscono - di fatto- le perquisizioni equiparandole a vere e proprie intimidazioni.
Ultimo fronte, non meno insidioso, quello interno, in particolare a proposito dei codici di autoregolamentazione, entrati in vigore con il beneplacito di Ordine e Federazione Nazionale della Stampa. Esempio eclatante il codice di autoregolamentazione dei processi in tv, ritenuto dall’Unci un insieme di regole che limita pesantemente la libertà dei giornalisti e costituisce una censura nel campo di una attività professionale già abbondantemente regolamentata.
In conclusione, rilevato che a parole tutti sostengono la libertà di informazione, il diritto di cronaca e il diritto di essere informati, ma constatato che ognuno, dal proprio punto di vista (istituzioni, politica, poteri forti dell’economia, criminalità) ha una distinta opinione sulle modalità di esercizio della libertà di stampa, il Congresso dell’Unci ribadisce come una informazione davvero libera, non possa mai essere sottoposta a revisioni di comodo o condizionamenti di parte. La Costituzione e le norme vigenti già da decenni garantiscono efficacemente sia la libertà di stampa, sia la dignità dei cittadini. Proprio per questo il dibattito perenne e talvolta surreale su come i giornalisti debbano lavorare risulta oltremodo pericoloso. Leggi e regole ci sono, basta applicarle. Qualora questi reiterati attacchi dovessero nuovamente sfociare in ipotesi legislative lesive del diritto di cronaca e della professione giornalistica, il Congresso dell’Unci invita i giornalisti italiani e tutti i dirigenti della categoria a reagire con fermezza e compattezza, e a mobilitarsi in ogni sede riattivando, in stretta sinergia con l’Ordine dei giornalisti e la Federazione della Stampa, quel sistema di alleanze sociali e civili che ha sinora impedito provvedimenti liberticidi.
MOZIONE
I primi 150 anni di lotta per la libertà di stampa, impegno per il futuro
La guerra in Libia ci fa riflettere sulla imprevista rivolta dei giovani nei paesi del nord Africa. Abbiamo scoperto una realtà diversa, fatta di giovani generazioni che lottano per la democrazia senza bandiere religiose. Libia, Egitto, Tunisia hanno in comune una cosa: internet. E’ attraverso la rete che la voglia di riscatto si è fatta azione. Cioè, attraverso la diffusione delle informazioni e delle notizie. Attraverso la cronaca.
Ed è quello che è successo anche a noi, molti anni fa. Con la scoperta della stampa c’è stata la possibilità di diffondere più velocemente la cultura, l’informazione e di formare un’opinione pubblica. E i giornali sono serviti a Cavour e Mazzini durante il Risorgimento per diffondere le nuove idee di unità nazionale.
I giornali che noi leggiamo ogni mattina sono nati subito dopo, alla fine del 19° secolo. Non è un caso. Come non è un caso se la libertà di stampa è stata eliminata dal regime fascista.
Ecco perché non bisogna mai abbassare la guardia. Un paese libero e democratico non può imporre bavagli alla stampa, può solo pretendere correttezza. I giornali, le tv, le radio, internet devono poter diffondere tutte le notizie, a maggior ragione se riguardano i governanti. Oggi si invoca qualcosa che nel Risorgimento non esisteva, la privacy. Diritto giusto e sacrosanto. Ma non può essere sbandierato come il diritto davanti al quale tutti gli altri cedono, a cominciare dalla libera informazione. No. I giornali devono informare e semmai fermarsi davanti a notizie private che non incidono per nulla sul pubblico, su questo dobbiamo semmai discutere, e molto più di quanto abbiamo fin qui fatto. Ma privato non è ciò che accade fra le mura domestiche. Perché non è vero che a casa propria si può fare quello che si vuole. Il diritto alla riservatezza è un’altra cosa, è il diritto di ognuno al rispetto delle scelte intime su temi certo privatissimi, che restano tali fino a quando vanno a cozzare con la vita pubblica.
E allora, una legge che voglia impedire la pubblicazione delle intercettazioni altro non è che un modo per limitare il formarsi di un’opinione pubblica. Dobbiamo batterci e difendere un diritto insopprimibile e far capire all’opinione pubblica che questa è una battaglia di tutti per tutti.
MOZIONE:
Niente privacy per la casta
Nell’ invitare tutti i cronisti a mantenere alta la vigilanza sui pericoli sempre incombenti di leggi liberticide, il Congresso dell’UNCI, riunito a Viareggio dal 24 al 26 marzo 2011, sollecita il segretario generale e il presidente della FNSI a rispettare e a realizzare il voto unanime del Congresso federale di Bergamo sulla proposta dei cronisti, e cioè di lanciare da subito una campagna di denuncia e di sbugiardamento sulle vere intenzioni della casta nei ricorrenti progetti di black-out sulle intercettazioni.
Dietro il pretesto della tutela della privacy, non dei cittadini bensì della loro, si nascondono i disegni di prevaricazione dei potenti: difendere i propri privilegi con una sorta di salvacondotto, imporre il silenzio totale sui fatti e sui misfatti della cronaca di tutti i giorni, mettere la sordina sull’intreccio fra politica e malaffare, tarpare le ali alla critica e alla mediazione giornalistica. Appare chiaro che qualsiasi provvedimento legislativo sulle intercettazioni si riserva lo scopo di assicurare una specie di immunità, benchè, in democrazia, la rilevanza dei comportamenti non sia soltanto giuridica, ma anche politica, sociale ed etica. Per affidare un minimo di credibilità ad un eventuale ddl sarebbe più convincente escludere dalla disciplina gli atti riguardanti le cariche elettive di ogni livello e gli amministratori di società pubbliche o a partecipazione statale