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A Firenze l’unità si fa tra diversi, la Fnsi segua il nostro esempio
XXVI CONGRESSO FNSI: STEFANO FABBRI
L’intervento del consigliere nazionale Unci di Firenze
13 gennaio 2011, Bergamo - Forse resterà deluso, o sollevato, chi si aspettava da me un intervento polemico come spesso mi è accaduto di fare a precedenti congressi o al consiglio nazionale della Fnsi. Non ho intenzione di farlo, ma di dire alcune cose cercando di non farle contaminare dalla polemica. Alcune più gradevoli, altre meno.
La prima è che attorno a questo congresso non sento né tensione, né attenzione, né speranza. Quindi non mi illudo sui suoi esiti. Sento invece molta rassegnazione e sento lo sguardo dei colleghi che abbiamo lasciato al lavoro, che sono fuori da questa sala e che ci vedono come quelli che si guardano allo specchio. O peggio che si guardano l'ombelico.
Questo non vuol dire che dobbiamo arrenderci, ma chiederci se siamo ancora in tempo a cambiare la rotta cercandone una nuova.
Sul contratto ci siamo confrontati, misurati e litigati. Ma ora il contrato c’é, bello o brutto che sia. Ed e' inutile cercare di convincerci a vicenda su chi avesse ragione o torto perché ognuno resterebbe sulle proprie posizioni. Ma il contratto c’é e deve essere rispettato, a cominciare dagli editori che proprio qui al congresso hanno fatto sentire la loro voce con note troppo spesso stonate. E va rispettato a cominciare dalla difesa dell’applicazione del primo articolo del contratto, l’art. 1. Non é più tollerabile non tanto il ricorso alle molte alternative che il contratto offre all’art.1 (pur sempre di altri articoli del contratto si tratta), ma ai mille sotterfugi e porcherie che pur di lavorare subiscono non solo i giovani e giovanissimi colleghi, ma addirittura i 40-50enni espulsi dalle redazioni in crisi.
Ho ascoltato cose interessanti, a volte drammatiche, come l’intervento del presidente dell’Ordine Enzo Iacopino dedicato agli “invisibili” che noi per primi a volte facciamo finta di non vedere, e a volte stimolanti, come l’attenzione di Siddi per i precari e la proposta di Silvana Mazzocchi per una giornata di lotta contro il precariato.
C’é tanto da fare. E c’é tanto da tenere insieme. In un’associazione storicamente litigiosa come quella toscana ci abbiamo provato a tenere insieme chi é garantito e chi no, e a tenere insieme anche le diverse anime del sindacato, le sue componenti, senza chiedere abiure e senza fare esami del sangue a chi la pensa diversamente da noi, perché l’unità si fa tra diversi e non tra uguali. Lo strumento principale con cui abbiamo condotto questa esperienza, pensate un po’, è proprio un nuovo statuto che prevede più partecipazione, voto elettronico, limitazione dei mandati e incompatibilità delle cariche garanzie anche per i sans papier, i senza contratto magari non iscritti (per ora) al sindacato.
Questa esperienza unitaria di cui siamo gelosi è il nostro tesoretto, ci proviamo con grande fatica e non ci rinunciamo. Staremo a vedere se questo congresso la capirà e da questo dipenderà molto come potrà proseguire.
Per concludere, visto che gli elenchi alla Saviano vanno molto di moda, ne ho stilato anche io due, brevissimi.
Il primo è composto dai tre motivi per cui oggi soprattutto i colleghi più giovani non si iscrivono al sindacato: “perché sono senza contratto e, se ho un problema, dall’avvocato posso andarci da solo senza che nessuno me lo consigli; perché non prendo 0,50 euro a pezzo come ci ha fatto sapere Iacopino, ma “ben” tre. Ma sono sempre pochi per pagare la quota di iscrizione a qualcosa che non so se serve; perché tanto sono sempre altri, guarda caso gli stessi, da anni, che decidono per me”. Il secondo elenco che immagino è quello che contiene invece i motivi che mi piacerebbe spingessero ad iscriversi: "perché è il luogo in cui posso aiutare ed essere aiutato; perché sono con colleghi che la pensano diversamente da me ma mi rispettano come io rispetto loro, perche insieme, anche se diversi, è meglio che da soli”.