Intercettazioni: da Udine un "no" a limitare la libertà di stampa
TAVOLA ROTONDA CON AVVOCATI E DOCENTI
Sottolineati i rischi dell’invadenza delle tecnologie e dell’effetto mediatico
22 gennaio 2009 - La libertà di stampa sembra essere compromessa dalle nuove proposte per la riforma della giustizia, soprattutto in merito al capitolo sulle intercettazioni. Il gruppo cronisti del Friuli Venezia Giulia si dichiara contrario al testo di legge, che "vuole limitare la libertà di stampa". A dirlo è stato il presidente del Gruppo cronisti Fvg Giuseppe Cordioli durante la tavola rotonda organizzata in collaborazione con l'0rdine dei giornalisti, il Consiglio regionale e l'Assostampa Fvg, dal titolo "Libertà di informazione e giustizia tra Lodo Alfano e recenti disegni di legge sulla pubblicità degli atti processuali". L’iniziativa si è svolta giovedì 22 nella sede della Società filologica friulana nel centro storico di Udine.
"Vogliamo capire dove può arrivare la libertà di stampa, sempre nel rispetto delle leggi - ha spiegato Cordioli - perché il rischio è che la legge sulle intercettazioni ci imbavagli". Un dibattito necessario alla luce degli ultimi scandali tra processi e telefonate rese pubbliche e in seguito alle parole del presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che proprio ieri ha ribadito che le intercettazioni saranno uno strumento eccezionale, valido solo per reati con pene sopra i dieci anni. Ai professionisti della stampa ha invece assicurato che non ci saranno pene per i giornalisti, ma per gli editori che permetteranno la pubblicazione delle intercettazioni.
"Non è vero che siamo un popolo di intercettati - ha detto nel corso della tavola rotonda Alessandro Galimberti del Sole 24 ore, consigliere nazionale dell'Unione nazionale cronisti italiani e membro del consiglio direttivo del Gruppo cronisti lombardi - un cittadino ogni 2 milioni viene intercettato, per un totale di circa 30mila persone. Nel 2007 in tutta Italia sono state intercettate invece 104mila utenze, un numero che non corrisponde necessariamente ad altrettanti cittadini". Galimberti ha sottolineato che il 90 per cento delle intercettazioni riguarda casi di criminalità organizzata e spaccio di droga. "Le forze della polizia inoltre - ha aggiunto - hanno una rete talmente larga da permettere una costante fuga di notizie". Secondo Galimberti, è giusto che il processo penale sia trasparente in modo tale che i cittadini stessi possano sorvegliare e giudicare il potere pubblico. "Il dato clamoroso - ha specificato - di questi anni è la segretezza delle indagini penali".
A detta dell'avvocato Ezio Franz, componente dell'Ordine degli avvocati di Udine, sarebbe bello se i processi fossero controllati dal pubblico, ma così non accade. "Siamo arrivati ad un punto - ha commentato - in cui l'informazione con i mezzi più moderni, ma anche con un semplice telefonino e una connessione ad internet entra nella vita privata di qualsiasi persona". Franz ha ricordato che tutto questo ha un costo, che pesa sul bilancio dello stato. "Bisognerebbe rendere pubbliche anche le spese - ha spiegato - sulle intercettazioni, che gravano sulle casse della giustizia".
Anche Marco Marpillero, docente della Facoltà di Giurisprudenza di Udine, ha evidenziato come i problemi recenti dei processi così come della stampa, dipendono da un cambiamento del sistema. "Il rischio che si corre - ha spiegato - è l'effetto mediatico sul cittadino, che prende le notizie come prove raccolte direttamente dal giudice".