A Perugia Giornata Unci di memoria e lotta
I fiocchi gialli per Domenico Quirico de La Stampa che da oltre venti giorni non dà più sue notizie dalla Siria dove è andato per vedere di persona e raccontare. Il ricordo dei familiari per onorare il sacrificio di quei giornalisti, padri, fratelli, che per il loro lavoro hanno pagato con la vita. La testimonianza di colleghi per ribadire che, anche se non ha più sparato per uccidere dal 1993, la criminalità organizzata o più semplicemente chi non vuole che qualcuno metta il naso nei propri affari, continua a intimidire, a minacciare, a ostacolare il lavoro di un cronista.
Nella sala del consiglio della Provincia di Perugia, si è svolta venerdì 3 maggio, la sesta Giornata della memoria per i giornalisti uccisi da mafie e terrorismo, promossa dall'Unione nazionale cronisti italiani e realizzata con l'Associazione stampa umbra in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, l'Ordine dei giornalisti e Libera. All'incontro, oltre ai vertici delle associazioni di categoria (Guido Columba e Leone Zingales per l'Unci, Giovanni Rossi e Franco Siddi per la Fnsi, Giancarlo Ghirra per l'Ordine nazionale, Dante Ciliani per quello regionale, e Marta Cicci per l'Asu, gli studenti della III L del liceo Galilei di Perugia, quelli della scuola media Mario Grecchi e quelli dell'Itc di Santa Maria degli Angeli (Pg).
Il presidente della Provincia, Marco Vinicio Guasticchi, salutando l'iniziativa, ha ricordato come «Il giornalismo si può fare in mille maniere, ma non può esistere un giornalista che non faccia il suo lavoro nel segno dell'indipendenza e della libertà».
E, parlando di libertà di stampa, il presidente dell’Unci, Guido Columba, ha ricordato come l'Italia si collochi «al 57esimo posto della classifica mondiale di Reporters sans frontieres». Questa di Perugia, ha spiegato, “è una Giornata di impegno e mobilitazione: il doveroso omaggio ai colleghi che alla libertà dell’informazione hanno sacrificato la vita, o sono stati gravemente feriti, si coniuga con il sostegno ai molti, troppi, giornalisti che nella loro attività quotidiana subiscono offese, minacce, intimidazioni, e con la rivendicazione del pieno e libero esercizio della professione e del diritto dei cittadini ad essere informati in modo corretto, completo e tempestivo di tutto ciò che accade nel Paese, secondo quanto riconosce loro la Costituzione. Sostegno naturalmente esteso ai colleghi che corrono gravi rischi personali all’estero”.Columba ha proseguito: “L’informazione, è il caso di puntualizzarlo, non ha altro scopo, altra missione, che di riferire ciò che accade, in modo che i cittadini, essendo informati, possano fare le loro scelte in modo consapevole. Il presidente Oscar Luigi Scalfaro ci ha ripetuto decine di volte che il valore sociale del giornalista sta nel riferire “il fatto”, senza appesantirlo, né pennellarlo di rosa. “Il fatto è il fatto -diceva- e neanche DomineDio può cambiarlo”, se vi attenete al fatto sarete sempre in grado di “mantenere la spina dorsale dritta”. Nelle sue battaglie a difesa della libertà di informazione e del diritto-dovere di cronaca, ha concluso Columba, l’Unci ha sempre trovato, e sono certo che continuerà a trovare, il sostegno di quanti tengono a preservare i fondamenti della nostra democrazia. Anche adesso che, in modo inopinato, la questione delle intercettazioni e della limitazione del diritto di cronaca torna d’attualità poiché secondo i Saggi nominati dal Presidente Napolitano “Le intercettazioni devono essere uno strumento di ricerca della prova e non del reato. Occorre inoltre porre limiti alla loro divulgazione, perché il diritto dei cittadini a essere informati non costituisca il pretesto per la lesione di diritti fondamentali della persona”. L’Unione cronisti su questi temi non ha fatto sconti a nessuno, né a Mastella, né ad Alfano. Non li farà neanche al prossimo proponente.
Alla manifestazione, che ha ricevuto l'Alto patronato del Presidente della Repubblica, è arrivato il messaggio della presidente della Camera, Laura Boldrini, rivolto anche a Quirico: «Voglio sperare anche che queste vicende ci insegnino a tributare maggiore attenzione al giornalismo che rischia persino la vita, pur di far avere a noi tutti il racconto dei dolori del mondo, o dei guasti profondi che in casa nostra produce la criminalità. E’ l’informazione che è guidata dal patto di verità e lealtà coi cittadini. E’ l’informazione coraggiosa che spesso viene dai giovani cronisti precari, disposti a rischiare pur di dar notizie dall’alto valore civile ma dal bassissimo, iniquo compenso economico».
Messaggi, oltre che dal sindaco di Perugia, dal ministro Cancellieri, dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Vietti, sono arrivati anche dai familiari delle vittime che non erano presenti. Elena Fava, ricordando il fratello Pippo e le altre vittime, ha ricordato che «non sono eroi, sono persone che hanno scelto con spirito etico di svolgere il loro lavoro». Giulio Francese, figlio di Mario, li ha definiti «giornalisti che hanno onorato la professione fino allo stremo, uomini inghiottiti per troppo tempo, dopo la loro morte, in un incomprensibile e mortificante silenzio». Franca De Mauro, figlia di Mauro, ha spiegato il senso della Giornata: «Onorare la memoria dei giornalisti uccisi, ma la professione in nome della quale sono morti». Un «grazie all'Unci per quello che fa per la memoria» è stato espresso da Giovanni Impastato, fratello di Peppino. A Perugia, Francesco Alfano, figlio di Giuseppe, ucciso nel 1993: «La memoria è importante soprattutto oggi, in un contesto politico che mira sempre di più a imbavagliare la stampa. Sono le nuove generazioni che tramite rete e la cultura devono riprendersi il Paese e la libertà di informazione». Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l'informazione e fratello di Giovanni, ucciso nel 1972, ha ricordato che «Ogni volta che un giornalista maneggia una notizia sgradita a criminali o personaggi potenti supera un confine arbitrario, invisibile, tracciato dai violenti, dai prepotenti, i quali con abusi e minacce reagiscono restringendo arbitrariamente il campo in cui il cronista può esercitare pacificamente il diritto di raccogliere e diffondere quelle notizie. Bisogna sapere che i potenti difendono con forza questa arbitraria linea di confine e bisogna dimostrare che chi la supera per informare i cittadini non resta isolato e sconfitto».
«Stiamo girando l'Italia ogni 3 maggio per far conoscere la storia di quanti sono stati uccisi da mafie e terrorismo o in zone di guerra laddove svolgevano il loro compito di cronisti» ha commentato Leone Zingales, responsabile Unci della Giornata della memoria e creatore del Giardino della memoria di Palermo, luogo divenuto simbolo della lotta alle mafie. La battaglia è aperta anche in Italia, «un Paese dove la libertà di stampa è sempre di più messa in discussione e dove sono stati centinaia solo lo scorso anno le intimidazioni e le minacce rivolte ai giornalisti italiani», ha detto Marta Cicci, presidente sell'Associazione stampa umbra, facendo riferimento a Marilù Mastrogiovanni ed Ester Castano, giornaliste vittime di minacce, ospiti dell'evento, che hanno raccontato la propria esperienza professionale: «Vogliamo poter fare il nostro lavoro senza essere costretti ad abbassare la testa » sotto il peso delle intimidazioni, che hanno spesso la forma delle querele “pretestuose”, tanto più deflagranti quando incontrano la precarietà del lavoro. «Colleghi che sono avanguardie di un mestiere poetico e pericoloso», le ha definite Dante Ciliani, presidente dell'Ordine dei giornalisti dell'Umbria.
Un richiamo alla difesa «di un lavoro che è un bene pubblico» è arrivato da Franco Siddi, segretario generale Fnsi. Dopo aver contattato per telefono Amedeo Ricucci e Susan Dabbous, giornalisti italiani rilasciati incolumi dopo un rapimento di 10 giorni in Siria, che hanno raccontato la loro vicenda drammatica, il segretario ha auspicato che l'intimidazione ai giornalisti venga equiparata a un crimine contro l'umanità. Ma la categoria non vuole eroi, ha precisato Giancarlo Ghirra, segretario nazionale dell'Ordine dei giornalisti, «non vogliamo più giornalisti come Ester o Marilù che siano minacciate per fare il proprio lavoro». Giovanni Rossi, presidente della Fnsi, ha messo l'accento sull'equo compenso per i professionisti dell'informazione e sulla necessità di un esercizio di responsabilità degli editori, che devono concorrere con rapporti di lavoro corretti alla libertà di stampa.