Qualità e dignità della professione - No ai manovali dell’informazione
XXVI CONGRESSO FNSI: GUIDO COLUMBA
L’intervento del presidente dell’Unione nazionale cronisti
13 gennaio 2011, Bergamo - Parlerò di due concetti, qualità e dignità, che sono strettamente connessi tra loro. La qualità dell’informazione richiede che essa sia corretta, completa e tempestiva. Che sia assolto il diritto-dovere di cronaca. L’Unci, ricordo, ha combattuto strenuamente il ddl Mastella e poi contro il ddl Alfano sulle intercettazioni proprio per difendere la qualità dell’informazione. Se si è arrivati alla grande e bella manifestazione del 3 ottobre del 2009 in piazza del Popolo è perché la battaglia contro il ddl Alfano è stata avviata più di un anno prima dall’Unione Cronisti e portata in tutta Italia attraverso una trentina di manifestazioni
La dignità della professione passa attraverso l’autocoscienza del ruolo del giornalista e una battaglia senza quartiere allo sfruttamento. Un giornalista ridotto a manovale dell’informazione, e in molti casi della comunicazione, non può essere un professionista consapevole e responsabile e non può fare informazione di qualità.
Dunque la totale intransigenza sulla libertà dell’informazione per rispettare il diritto dei cittadini a una informazione di qualità, si coniuga strettamente alla necessità di tutelare, e per larga parte recuperare, la dignità del mestiere.
Su questi fronti l’Unione cronisti continuerà a vegliare, battersi e incalzare la Fnsi che, secondo me, ha ben lavorato in questi tre anni, e tutti gli organismi della categoria.
Perché è vero che occorre prendere atto dei cambiamenti ma è vero anche che è indispensabile mantenere la nostra identità. Altrimenti non saremo più giornalisti ma comunicatori, il che è molto differente.
E' per questo che due anni fa abbiamo dato un premio a Renzo Magosso che, come vi ha raccontato poco fa, è stato condannato in tribunale, in appello e in Cassazione per aver intervistato un sottufficiale dei Carabinieri il quale afferma di aver informato i suoi superiori con sei mesi di anticipo della preparazione dell’attentato che provocò la morte di Walter Tobagi. Lo abbiamo premiato ritenendo che abbia svolto correttamente il suo ruolo di cronista e che abbiano sbagliato i magistrati, di tutti e tre i gradi, a non riconoscere che il compito del giornalista è quello di riferire ciò che ha appreso.