Domenica, 22 Dicembre 2024 22:33

Le sanzioni pecuniarie eccessive a carico dei cronisti sono contrarie alla normativa e alla giurisprudenza della CEDU e producono il chilling effect (=effetto dissuasivo) sulla libertà di stampa.

Condannata la Romania a versare a una giornalista 14mila euro per i danni materiali, nonché 4.500 euro per i danni non patrimoniali e 3.369 euro per le spese legali.

 

di Marina Castellaneta*

 

Ancora una volta sotto i riflettori della Corte europea dei diritti dell’uomo arrivano le sanzioni pecuniarie eccessive nei confronti dei giornalisti. Con la sentenza depositata il 27 giugno, Strasburgo ha condannato uno Stato, questa volta la Romania (ricorso n. 29751/09, CASE OF GHIULFER PREDESCU v. ROMANIA), perché, a seguito di un processo per diffamazione, una cronista rumena era stata condannata a versare al sindaco di una cittadina della Romania 13.346 euro. Non solo. La reporter aveva dovuto sostenere le spese per la pubblicazione del testo della sentenza su due quotidiani. Questi i fatti. La giornalista investigativa, nel corso di una trasmissione televisiva alla quale aveva partecipato come ospite insieme al sindaco di Costanta (Romania), aveva sostenuto, con riguardo ad alcuni incidenti dinanzi a un hotel del quale il sindaco aveva azioni, che la città era divisa in bande e che il sindaco aveva rapporti con una delle fazioni. Di qui l’azione in sede civile da parte del Primo cittadino. I giudici di primo grado, utilizzando i parametri della Corte europea dei diritti dell’uomo, avevano respinto il ricorso del sindaco, ma i giudici di appello avevano ribaltato il giudizio e condannato la giornalista a pagare una multa di oltre 13mila euro, a presentare una lettera di scuse e a pubblicare la sentenza su un giornale nazionale e locale. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha dato ragione alla cronista accertando una violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea che assicura il diritto alla libertà di espressione. Per la Corte, l’ingerenza delle autorità rumene non era necessaria in una società democratica. La giornalista, infatti, aveva discusso e riportato la propria opinione su questioni di interesse generale che riguardavano il sindaco che era senza dubbio inquadrato tra le figure pubbliche anche se coinvolto nella vicenda in quanto imprenditore. E’ evidente, quindi, che come figura pubblica il sindaco poteva essere sottoposto a uno scrutinio maggiore sulle attività da lui intraprese. La giornalista, poi, che parlava in diretta televisiva, aveva espresso un giudizio di valore con una base fattuale sufficiente perché le informazioni erano già state diffuse ed erano in parte note. Inoltre, i giudici nazionali, che hanno deciso la sanzione, non hanno indicato prove che potessero far emergere il sospetto che la reporter non avesse agito in buona fede nel perseguire un obiettivo legittimo ossia far discutere su una questione di interesse pubblico. Ancora una volta, quindi, i giudici internazionali insistono sulla necessità che l’onere della prova non gravi sul giornalista. Non solo. La sanzione economica era stata quantificata senza valutare la proporzionalità della cifra rispetto al danno effettivamente subito ed era stata troppo alta. Di conseguenza – osserva la Corte europea – è certo un chilling effect sulla libertà di stampa. La Corte, così, accertata la violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea, ha anche condannato lo Stato in causa a versare alla giornalista 14mila euro per i danni materiali (in sostanza la stessa cifra che la donna aveva dovuto versare al sindaco), nonché 4.500 euro per i danni non patrimoniali subiti dalla cronista. Già in passato, d’altra parte, la Corte ha ritenuto che ogni giornalista che subisce un processo che si conclude con un esito non conforme agli standard convenzionali subisce un sicuro stress che va poi riparato con una misura pecuniaria a vantaggio del cronista. A carico dello Stato condannato anche le spese legali pari 3.369 euro. Un effetto paradossale, quindi, che dovrebbe spingere le autorità nazionali a una maggiore attenzione nell’applicazione dei parametri fissati da Strasburgo in materia di libertà di stampa perché, in caso di non applicazione, accade che colui che è stato considerato diffamato senza che in realtà lo fosse secondo gli standard internazionali vincolanti per gli Stati incassa le sanzioni pecuniarie a carico del giornalista e lo Stato citato a Strasburgo deve poi sborsare la stessa cifra più l’importo per i danni morali al cronista.*Marina Castellaneta è professoressa associata di Diritto internazionale all’Università di Bari -  (TESTO INhttp://www.marinacastellaneta.it/blog/sanzioni-pecuniarie-eccessive-a-carico-del-giornalista-chilling-effect-contrario-alla-cedu.html)

 

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