RE(SI)STIAMO IN TRIBUNALE. MA LA SALA STAMPA NON E’ UN BAR. APPELLO PER RIDURRE IL CANONE D’AFFITTO
Un documento del Gruppo Cronisti Lombardi sulla assurda situazione a Palazzo di Giustizia di Milano
MILANO 30 settembre 2016 – Ancora un anno. In questi giorni il Gruppo cronisti lombardi e l’Associazione lombarda dei giornalisti (titolare del contratto di locazione) attraverso il suo presidente Paolo Perucchini, stanno perfezionando una proroga di 12 mesi concessa dal Demanio e dalla Corte d’Appello per l’affitto della sala stampa al terzo piano del Palazzo di Giustizia di Milano. La proroga nasce da un motivo specifico: il contratto di locazione con Alg e Gcl scadeva il 30 settembre di quest’anno. Nel frattempo c’è stato un passaggio di competenze tra il Demanio e il ministero della Giustizia che non si è ancora perfezionato. Per questo, per noi come per gli altri soggetti “esterni” che si trovano nel Palazzo, è stato impossibile discutere un nuovo contratto d’affitto. Da qui la decisione di una proroga di 12 mesi. La nuovadead line è fissata per il 30 settembre 2017. E questa, purtroppo, non è una buona notizia.
Da anni il Gruppo cronisti lombardi (che gestisce la sala stampa) denuncia una situazione che ha messo in seria difficoltà le casse del Gruppo. Il canone di locazione è di 8.600 euro l’anno (più spiccioli) al quale bisogna aggiungere altri 3.700 euro (e spiccioli) per le spese condominiali e di manutenzione che vengono pagate al Comune di Milano. Il che porta tutto all’iperbolica cifra di 12.300 euro che ogni anno vengono versati dal Gruppo cronisti (attraverso un anticipo della Lombarda) per mantenere un presidio dei cronisti in Tribunale. Il Gruppo cronisti fa fronte a questa enorme spesa grazie a un contributo dei vari gruppi editoriali che si aggira intorno ai 100 euro al mese. Purtroppo, causa crisi e non solo, negli anni i gruppi editoriali che hanno mantenuto il sostegno alla spesa si sono progressivamente ridotti. Attualmente il “rimborso” copre la sola spesa per il contratto d’affitto, lasciando al Gruppo l’onere delle spese condominiali e anche quelle (che vengono pagate a parte) di pulizia e connessione Internet. Su queste spese siamo riusciti a ottenere una riduzione dei costi dai nostri fornitori, ma altri mille euro circa. Soldi che vengono saldati solo grazie alle quote associative al Gruppo cronisti.
Già in passato, come dicevamo, i rappresentanti del Gruppo cronisti avevano lanciato l’allarme. Nell’aprile 2015 la nostra voce era stata raccolta dai vertici del Tribunale e della Procura che, attraverso la Commissione manutenzione del palazzo, avevano deliberato (all’unanimità) che, “considerata la storia della sala stampa, la sua funzione anche sociale e l’importanza che la stessa riveste per il Palazzo di Giustizia di Milano”, dovesse essere richiesto “all’Agenzia del Demanio di esaminare la possibilità di applicare una congrua riduzione al canone”. Ovviamente, a causa del passaggio di consegne non ancora concluso, non è stato possibile ridiscutere il canone d’affitto e non abbiamo che potuto accettare un altro anno alle medesime, e insostenibili, condizioni.
Abbiamo deciso di trattenere il fiato per un altro anno, anche se sappiamo che lo sforzo per le nostre casse sarà davvero impegnativo. Se per altri 12 mesi i cronisti potranno stare notte e giorno (e non è un modo di dire) nel Palazzo di Giustizia lo si deve solo all’Associazione lombarda dei giornalistiche ha garantito con un anticipo ancora una volta il sostegno economico al Gruppo cronisti. Ogni nostro sforzo, ora, sarà indirizzato all’ottenimento (finalmente) di un canone d’affitto che non equipari la sala stampa a un bar, a una banca o a un’edicola come avvenuto finora. Anche a costo di chiedere una modifica delle normative. Nel frattempo chiediamo a gran voce che le aziende editoriali tornino a sostenere (non solo a parole) l’impegno per la libertà e il diritto all’informazione, non sottraendosi al finanziamento delle spese d’affitto.
A voi colleghi e amici chiediamo invece di sostenerci in questo nostro appello. Perché la presenza dei cronisti in Tribunale è un dovere, prima ancora che un diritto.
Cesare Giuzzi