Intercettazioni:la Giustizia non è cosa loro
Il controllo sociale è fondamentale in uno stato liberale
“La sola cosa più importante del rendere giustizia, è il vedere come il giudice la rende”. (Franco Cordero - Procedura penale, Nona edizione, 1987, p. 1138).
Il maestro del diritto penale ha fotografato in una frase fulminante il discrimine tra uno stato liberale e uno autoritario. I sudditi devono subire le azioni di polizia e magistrati senza poter reagire. I cittadini devono conoscerle e controllarle per essere certi che si svolgano secondo i principi costituzionali e legali.
I magistrati italiani – nel caso Giuseppe Pignatone , Procuratore di Roma, ed Edmondo Bruti Liberati , Procuratore di Milano - hanno dimenticato la lezione di Cordero e, davanti alla loro confessata incapacità di scoprire chi consegna abusivamente le trascrizioni delle intercettazioni ai giornalisti, hanno chiesto alla Commissione Giustizia della Camera, che discute un provvedimento in materia, di secretare tutto “drasticamente” fino alla emissione della ordinanza di custodia cautelare o di sequestro. Una sorta di “secreto tombale”.
Le osservazioni immediate sono almeno due: le ordinanze che concludono la fase delle indagini arrivano, sempre, dopo mesi e mesi, e molto spesso dopo anni. Si creerebbe dunque un “buco nero” nel quale i diritti dell’indagato e quelli dell’opinione pubblica di sapere perché lo sia e in base a quali motivi sarebbero annullati. Sovente le indagini si concludono con il proscioglimento. Con la soluzione Pignatone –Liberati si creerebbe un altro “buco nero”: nessuno potrebbe sapere se il proscioglimento sia avvenuto in modo rispettoso della legge.
Si diceva una volta che
Il problema delle intercettazioni rese note indebitamente esiste certamente, ma la soluzione non può risiedere nel riportare l’Italia ai tempi dello Stato autoritario.
Guido Columba