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Napolitano: la libertà della stampa distingue democrazia da dispotismo

GIORNATA DELL’INFORMAZIONE: IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLI CA

Il giornalista deve impegnarsi con  rigore, equilibrio, tranquillo coraggio

16 ottobre 2009 - Saluto cordialmente il sottosegretario Bonaiuti, la vicepresidente del Senato, Emma Bonino i parlamentari, le altre autorità, il Presidente della regione Valle D'Aosta e, nello spirito di un'antica colleganza - per la verità non giornalistica ma politica e parlamentare -, l'amico senatore Giulio Andreotti che ringrazio per aver voluto intervenire di persona a questa cerimonia.                                                                                                                  

Saluto naturalmente i promotori e i vincitori dei molti premi giornalistici che trovano da tempo nella Presidenza della Repubblica un loro punto di raccordo e di incontro.                  

Abbiamo ascoltato ora i rappresentanti del premio più antico, il Saint Vincent, cui rinnovo i complimenti e gli auguri di tutti per il felice sessantesimo compleanno, e di un premio giovane e destinato ai giovani, il Gaspare Barbiellini Amidei.                 

Mi associo con particolare calore agli applausi che hanno salutato per tutti i premiati i nomi di Giulio Andreotti e di Pietro Ingrao. La loro lunga e significativa storia politica oltre che giornalistica sottolinea bene la diversità delle voci che debbono poter trovare spazio in democrazia, nel grande mondo di una stampa libera, come lo hanno in effetti trovato nel nostro paese nel corso dei decenni. È un esempio da cui trae forza l'invito a rispettare nella carta stampata e nella radiotelevisione, specie pubblica, l'insostituibile valore del pluralismo.                                                           

Voi tutti, signore e signori premiati, siete nell'insieme come un grande specchio della ricchezza di talenti e di percorsi su cui si è fondata e si fonda lo sviluppo, il prestigio del giornalismo italiano. Ed è nella qualità dell'impegno e del lavoro di ogni giornalista, nella professionalità, nel rigore, nell'equilibrio, nel tranquillo coraggio di chi si dedica a questo impegno, a questo quotidiano lavoro, è qui il maggior presidio della libertà e del ruolo della stampa e dell'informazione.                                          

Voi mi consentirete - a conclusione di una settimana imprevedibilmente densa che mi ha visto impegnato in più occasioni di intervento pubblico - di non soffermarmi, anche per senso della misura, su temi generali di carattere politico-istituzionale, compresi quelli evocati dal presidente Del Boca che vivamente ringrazio. Egli ha detto dei tempi difficili che vivono i giornalisti in Italia e nel mondo occidentale per effetto di accelerate trasformazioni tecnologiche, di ricadute della crisi finanziaria ed economica globale e di processi di più lungo periodo di ristrutturazione del potere economico anche in campo editoriale. Del Boca ha accennato a tutto ciò insieme, naturalmente, alla sanzione costituzionale delle libertà di espressione e anche al "buon uso della libertà" da parte dei giornalisti.                                                               

Si tratta di questioni che richiedono analisi e verifiche attente, anche in sedi europee e non in riferimento a un solo paese, e che richiedono proposte comprensive di indubbie necessità di innovazioni normative, oltre che di evoluzioni delle prassi e dei costumi.                                                                                                                      

Non mi dilungo comunque per vari motivi: già più di tre anni fa, in occasioni analoghe a quella odierna, espressi il mio profondo convincimento circa il carattere discriminante che l'esistenza di una stampa e di una informazione pluralistiche e libere assume per distinguere la democrazia dal dispotismo. E nello stesso tempo volli sottolineare come nei sistemi democratici e costituzionali dell'Occidente ci si impegni a combinare più valori, più diritti degni di tutela (com'è sancito d'altronde nell'articolo 10 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, Convenzione e diritti su cui vigila e interviene la Corte di Strasburgo).                                                       

Mi espressi in quei termini, e poi ci sono ritornato più volte, indipendentemente dal mutare, nel frattempo, del contesto politico in Italia e postulando la definizione di equilibri più soddisfacenti, con uno sguardo attento, in particolare, alla tutela della privacy, della dignità delle persone, della dignità delle Istituzioni, della riservatezza delle indagini giudiziarie, insieme - ovviamente e in primo luogo - con la tutela della libertà di informazione.                                                                                          

Equilibri difficili, certo, e sempre oggetto di controversie, ma a cui non si può sostituire da parte del giornalismo la sottovalutazione di limiti e di responsabilità da riconoscere e da proiettare nel proprio modo di lavorare.                                          

Mi auguro che si vada verso un tempo di riflessione più obbiettiva ed aperta su questi temi, e che si possa ritornare su di essi nei nostri futuri incontri, salutando un effettivo progredire del confronto costruttivo tra tutte le parti interessate.                                

Se mi permettete una telegrafica postilla: per quel riguarda l'articolo 278 del Codice penale, non toccato per altro dalla riforma dei reati di opinione di pochi anni fa, chiunque abbia titolo per esercitare l'iniziativa legislativa può liberamente proporne l'abrogazione. Giudichino poi i cittadini che cosa è libertà di critica - e che cosa non lo è - nei confronti di istituzioni che dovrebbero essere tenute fuori della mischia politica e mediatica.

 

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