Intercettazioni: non si può disarmare
DDL ALFANO: INCERTEZZE SULL’UDIENZA FILTRO E SULLA RILEVANZA
21 luglio 2010 - Gli emendamenti al ddl Alfano presentati ieri dal Governo prendono atto che la divulgazione degli atti coincide con il momento del deposito, cioè quando non sono tecnicamente più segreti e quindi non secretabili senza un’adeguata motivazione. E’ un passo avanti rispetto alla totale chiusura della precedente posizione perchè la disciplina proposta tiene in considerazione l’equilibrio che deve sempre esserci tra diritto di cronaca e tutela delle esigenze di privacy reali ed effettive,
Le novità introdotte dagli emendamenti, però, non possono indurre i giornalisti a disarmare o ad accontentarsi di quello che la dialettica politica offre loro. Sia per non farsi risucchiare nel gioco delle parti di questo o quel personaggio o forza politica, sia perchè sono diversi i punti non chiari o che possono prestarsi a fare rientrare nella pratica ciò che si nega nella forma.
L’udienza-filtro, che pure era tra le richieste dei giornalisti per garantire che le conversazioni dei terzi estranei alle indagini non vengano rivelate, non può rimanere sospesa nel tempo. Occorre che sia fissato un termine certo, e ravvicinato, entro il quale individuare le intercettazioni che possono essere pubblicate. Infatti la cronaca in differita non è più cronaca. Le conversazioni poi devono essere riferibili integralmente in base al principio che ciò che è pubblico è per ciò stesso pubblicabile.
E’ molto importante, poi, che si chiarisca il significato di “intercettazioni rilevanti” che possono essere, in quanto tali, divulgate, sia dopo l’udienza filtro che in seguito ad ordinanze. C’è il rischio che nulla sia ritenuto “rilevante” per l’informazione.
I cittadini hanno il diritto di essere informati in modo corretto, completo e tempestivo e i cronisti hanno il dovere di assolvere a questo compito. La legge non può frapporre ostacoli strumentali alla libertà di informazione.